La semplicità… è forse la complessità svelata?

CAFE’ DOMINGUEZ – (Rubrica dedicata al tango argentino) –

Il tema scelto dalla Redazione per questo mese è semplicemente una sfida, da un punto di vista logico, ed io sono pronto ad offrire una cena a chiunque riesca a darmi una definizione assoluta di questo termine, ovvero che prescinda dal suo opposto: dalla complessità.

Io ho azzardato, ascoltando il suggerimento che mi sussurrano gli amici più cari, Cadícamo, Castillo, Le Pera e tutti gli altri, la definizione relativa che ho posto come titolo. Se l’accettate, allora possiamo concludere che nel rivelare la complessità del vivere, senza alterarne la sua essenza, illuminando in modo immediato la nostra anima e la nostra mente, il Tango è Maestro.

Per esempio, dimmi tu cosa sia vivere …. o il tempo! Definiscimi passato, presente e futuro! Magari citami Sant’Agostino, Galileo ed Heidegger. Poi ascolta queste parole.

… Oggi entrerai nel mio passato, oggi nuove strade prenderemo… Quanto grande è stato il nostro amore!… eppure, ahimè! , guarda quello che è rimasto…” [Los mareados, Tango 1942, Música: Juan Carlos Cobián, Letra: Enrique Cadícamo].

Sgomento poiché il presente (oggi), in un imminente futuro (entrerai), sta per scivolare nel passato. Come definisci e misuri questo tempo senza tempo?

“… Tempo, eterno vai e vieni, tempo eterno… Perché le tue primavere? Perché! Sempre il passaggio del fantasma dell’inverno per la casa desolata ascolterò…” [Tiempo, Tango 1946, Música: Osvaldo Ruggiero, Letra: Francisco García Jiménez].

Se il tempo è eterno, se tutto è destinato a ripetersi in una circolarità illusoria, a volte consolatoria, quando alimenti la vana speranza del ritorno a momenti migliori, che senso ha definire e misurare il tempo?

Nella mia triste evocazione sorge il tempo che è passato. Quanti anni sono trascorsi e sembra proprio ieri! Dov’è quella che amavo? Dov’è quella che ho dimenticato?…” [A pan y agua, Tango, Música: Juan Carlos Cobián, Letra: Enrique Cadícamo].

A volte non torna forse il tempo che è stato, quei momenti senza tempo (sembra proprio ieri) che ricompaiono come fantasmi, accennando ombre che neanche riusciamo a mettere a fuoco e che pure hanno lasciato nell’anima emozioni ancora vivide? Allora cosa è stato il tempo, se mai è stato, cosa ne resta, se non queste emozioni?

“… Tempo vecchio, compagnia fuggitiva. Dove ti trovi adesso? Tempo fiorito che desidero ardentemente, per i tuoi cammini di oblio viaggiano visioni che piango, sogno amato che ti allontani. Tempo vecchio, compagnia fuggitiva. Dove ti trovi adesso?…” [Recuerdo malevo, Tango 1933, Música: Carlos Gardel, Letra: Alfredo Le Pera]

L’oblio altro non è che la contemplazione, fuori dal tempo, delle proprie emozioni, unica cosa che è e che resterà finché vivremo e se manifestate, magari in un’opera d’arte, forse anche dopo la nostra morte. Quindi il tempo è un non luogo dove le emozioni maturano? Un non luogo dove si raggiunge la consapevolezza intuitiva dell’essenza del vivere?

“… ti evoco ogni volta che sento una canzone o sto sognando triste. Perché so che anche se non ci sei, sei come l’ombra di quello che eri… Ogni tango è un addio, che mi parla con la tua voce di un tempo che non esiste…” [Historia breve,Tango, Música: Hugo Gutiérrez, Letra: Cátulo Castillo].

Già, un tempo che non esiste: il sogno, proiezione emotiva nel futuro, si trasforma nel presente illusorio ed ingannevole, e pur sempre vivido di emozioni, e quindi in un tempo passato che non esiste poiché niente è veramente esistito se non quel fremito che ancora fa vibrare l’anima. Niente dunque è in sé, né il tempo, né la realtà.

Torbidi ancoraggi dove vanno ad ormeggiare, navi che al molo rimarranno per sempre… Ponti e funi dove il vento ulula … torvo cimitero delle navi che al morire sognano però che verso il mare devono ancora partire…… Ancorato al ricordo, io continuo ad aspettare… Sogna, marinaio, con il tuo vecchio brigantino, bevi la tua nostalgia nel silente baretto … Piove sul porto, mentre canto la mia canzone; piove lentamente sulla tua desolazione… Ancore che non dovranno più, mai più, levare, fila di barche senza ormeggio da rilasciare… Triste carovana senza destino né illusione, come una nave imprigionata nella bottiglia della bettola …” [Niebla del Riachuelo, Tango 1937, Música: Juan Carlos Cobián, Letra: Enrique Cadícamo]

Tutte le parole del tango sono pervase da questa indicibile nostalgia, indirizzata verso un altrove indefinito (νόστος, ritorno, e άλγος, dolore) un ritorno in un luogo mai veramente vissuto. Le emozioni che vibrano nei suoi versi si legano sempre un vago passato, che si riconosce solo a livello emotivo e si proietta in una speranza-senza speranza, che io credo sia l’umano desiderio di un miracolo, celebrando qualcosa che non è stato e che molto probabilmente non sarà mai e che certamente non può essere chiamato sogno o futuro, perché la speranza è solo consapevolmente illusoria: la vita sembra essere come quella nave imprigionata nella bottiglia.

Piccolo sentiero che il tempo ha cancellato, che insieme un giorno ci hai visto passare, sono venuto per l’ultima volta, sono venuto a raccontarti il mio dolore … Piccolo sentiero che eri allora un ricamo di fiori, di trifoglio e giunchi, un’ombra presto sarai, un’ombra, proprio come me… Piccolo sentiero coperto di cardi, la mano del tempo ha cancellato la tua impronta… al tuo fianco vorrei cadere e che il tempo ci uccida entrambi” [Caminito,Tango 1926, Música: Juan de Dios Filiberto, Letra: Gabino Coria Peñaloza].

Forse il tempo può essere definito come un catalizzatore che contribuisce alla trasformazione delle nostre illusioni in quella nostalgia per ciò che non è stato e mai sarà? Si ciò che è sono solo emozioni e queste divengono insostenibili, allora al tempo per caso non si chiede di entrare nella consapevolezza totale, in quell’oblio incondizionato che porta alla coscienza del non essere in sé o il non essere assoluto, ovvero in quello stato che si chiama Morte, capace di accoglierci o sanare la herida absurdai del vivere, vano susseguirsi di sogni infranti?

“… Tornare, con la fronte diventata rugosa, mentre la neve del tempo ha imbiancato le tempie. Sentire, che è un soffio la vita, che vent’anni non son niente, che febbrile lo sguardo errante nelle ombre ti cerca e ti chiama… Vivere, con l’anima attaccata a un dolce ricordo, che piango di nuovo… E anche se il tempo che tutto distrugge, ha ucciso la mie antiche illusioni, resta una timida speranza, che è tutta la fortuna del mio cuore…” [Volver, Tango 1935, Música: Carlos Gardel, Letra: Alfredo Le Pera].

Già, la vita è un soffio. Guardati indietro e dimmi, d’istinto, quanto tempo è durata la tua vita? Non ti pare, d’un tratto, che si possa racchiudere in così pochi istanti che neanche basterebbero a realizzare uno solo dei sogni che ancora porti nel cuore? Poi i ricordi, fissati dalle emozioni, ti raccolgono da questo naufragio, e allora pensi, cullato da quelle, che sì, hai vissuto; e tra quei ricordi si fa spazio quella timida speranza di poter tornare all’Amore, che ti donerà altre profonde emozioni, ti donerà la vita!

Così, nel mondo crepuscolare di cui il Tango svela il mistero, il miracolo può accadere: la luce d’Amore si fa strada prepotentemente, ed è la voce di Horacio Ferrer che ci dice che è l’Amore che può redimerci da ogni perdita di speranza, l’Amore assoluto, folle, totale, che sostiene quelle emozioni profonde di cui la vita vera è fatta. Così Ferrer ci parla del Tango.

“… Penso che sia Tango quell’abbraccio che ci siamo dati senza sapere se era l’ultimo. Ed è Tango la malinconia dei vecchi che sfumano le loro vite nelle piazze. Ed è Tango l’aurora, ancora attaccata dai fantasmi… Ed è Tango la danza che farà l’ultimo respiro con la sua ultima galanteria… Ma ora che il tuo amato volto diventa la rosa della memoria, sono solo sicuro che Tango è come dire: ti amo, ti amo, amata mia, ma, per Dio, come ti amo, ti amo, ti amo, ti amo” [Credo de Amor en el tango, 1979, Letra: Horacio Ferrer, Música: Osvaldo Tarantino]

Amare è redimersi, rinascere dall’oblio, esistere.

Per esistere, risorgendo dalla mia solitudine, ti amo e, per amore, non vedi che esisto perché mi ami?… Ti amo e quindi esisto. Toccandoti per esistere, amandoti, baciandoti, salvandomi con te… E così, per esistere ancora di più, nati per essere e amare, amiamoci con emozione, con umana ossessione, mio amore. Per esistere, che diavolo!, per esistere, amiamo l’esistenza in Dio, amandoci in libertà…” [Existir, 1981, Música: Astor Piazzolla, Letra: Horacio Ferrer]

Amare totalmente è vivere pienamente il miracolo presente che ci fa vibrare, vada come vada, poiché l’unico vero danno è il non-Amore mentre la benedizione dell’Amore continuerà ad illuminarci, senza tempo.

A partire da oggi, la parola morirà. Domani è solo un gioco di carte al buio. E tu ed io, la mia vita, chi penserà, voi due di nuovo, cosa ne sapete? Te ne vai senza occhi, il mio cuore è caduto dauna gamba … E tuttavia, che benedizione tanta pena: pensa come sarebbe stato non volerci bene” [El Amor Imposible, 1983, Música: Astor Piazzolla, Letra: Horacio Ferrer]

Dimmi, allora, semplicemente, cos’è il tempo? Cos’è la vita?

i“… La vita è una ferita assurda, ed è tutto così fugace che la mia confessione pare una sbronza e nient’altro! [La última curda, Tango, 1956, Música: Aníbal Troilo, Letra: Cátulo Castillo]

© Andrea Sardi RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividere è conoscere!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *